Ci teniamo in contatto con Domenico, il custode della diga, da circa un mese. A che punto saranno le opere di manutenzione? Quelle di svuotamento del bacino? Pioverà?

La diga di Mignano fa parte di quei lavori di bonifica e ottimizzazione del territorio per le attività agricole volute in tutto il territorio italiano da Mussolini negli anni ‘30. Quando per la prima volta sono arrivata fin qui, il lago era per buona parte già vuoto. Il terreno argilloso, nuovamente esposto all’aria, formava colline morbide e anse, che facevano pensare a un paesaggio quasi preistorico, primitivo nella sua essenzialità e, per certi versi, brutale. Domenico è nato e ha trascorso tutta la sua vita lì. Vive nella stessa casa, dall’altro lato della strada, in cui viveva suo padre, a sua volta custode. Al piano terra si trovano le apparecchiature di monitoraggio della diga. Ci sono pochi edifici nei paraggi, sono disabitati da diversi anni: la solitudine e un legame quasi consanguineo con la terra, con il cielo, con l’aria, con il sole e le piogge sono intimamente legati al suo ruolo.

Ha piovuto molto negli ultimi giorni e sono giornate faticose iniziate con le prime luci. Riposta l’escavatrice, spenta la gru, uno ad uno gli operai iniziano ad andarsene; due ragazzini passano in moto, si fermano poco distante da dove ho posizionato la macchina fotografica, il tempo di una sigaretta. Rimaniamo soli con Domenico in attesa che il riflesso si attenui e anche la parete a monte venga avvolta dal buio.

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